L’arte del raccontare: quel legame tra Jacovitti e Pinocchio - Avanti (2024)

Antonio Salvatore Sassu del Spettacolo

A cento anni dalla nascita di Benito Jacovitti (Termoli, 1923 – Roma, 1997), il MACTE, Museo di Arte Contemporanea di Termoli, e il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, gli hanno dedicato due mostre sorelle, due progetti paralleli e complementari per approfondire l’universo narrativo, l’inventiva giocosa, scomoda e irreverente, e l’irripetibile creatività di Lisca di Pesce.

“Jacovittissimevolmente” è il titolo di entrambe le mostre, ma sottotitoli e contenuti sono diversi: “Tutte le follie di Jac!”, a cura di Luca Raffaelli, al MACTE, e “L’incontenibile arte dell’umorismo”, a cura di Dino Aloi e Silvia Jacovitti con Giulia Ferracci, al MAXXI.

L’arte del raccontare: quel legame tra Jacovitti e Pinocchio - Avanti (2)“Jacovittissimevolmente l’incontenibile arte dell’umorismo” si intitola anche il catalogo dal quale abbiamo estratto le vignette che illustrano il testo, Edizioni Il Pennino © Silvia Jacovitti, mentre l’immagine sopra il titolo è un collage delle tre versioni del Pinocchio di Jac, fornitoci per l’occasione da Alessandro Santi.

Una delle sezioni più interessanti della mostra romana è quella dedicata alle varie versioni di Pinocchio realizzate da Jac, perché tra lui e il burattino di legno più umano della letteratura c’è stata una lunga storia d’amore che si è snodata attraverso i decenni.

Pinocchio, inventato da Carlo Collodi (nome d’arte di Carlo Lorenzini, Firenze 24 novembre 1826 – 26 ottobre 1890), ha fatto la sua prima apparizione il 7 luglio 1881 su “Il Giornale per i bambini”, supplemento settimanale del quotidiano “Il Fanfulla”. Nel 1883 esce l’edizione in volume per i tipi della Libreria Editrice Felice Paggi di Firenze, con le illustrazioni di Enrico Mazzanti. Da qualunque data si voglia partire sono oltre 140 anni di vita editoriale per uno dei long seller più celebri e celebrati del mondo, e il libro più tradotto e venduto della letteratura italiana.

Una lunga storia d’amore anche quella tra Alessandro Santi, Jacovitti e tutte le sue escursioni dedicate a Pinocchio. Una storia nata sul finire degli anni Settanta, proseguita con una laurea a pieni voti in Scienze della Formazione Primaria grazie a una tesi sui Pinocchi di Jacovitti, che nel 2023 diventerà l’imprescindibile saggio “Tutti i Pinocchi di Jacovitti”, pubblicato da Luglio Editore, Trieste.

Alessandro Santi (Prato, 1973) scopre Jacovitti a sei anni, quando l’ortolano incarta le verdure acquistate da sua nonna dentro al gioco-poster “Il Patentone”. Nello stesso periodo, all’asilo, incontra il Pinocchio illustrato da Jac nel ’63. Ha sempre disegnato e letto fumetti per passione, e scelto percorsi scolastici e lavorativi sbagliati fino al 2001. In quell’anno, finalmente, inizia a ideare e condurre laboratori didattici su fumetto, illustrazione e cinema d’animazione presso Comuni, scuole, biblioteche e associazioni, attività che prosegue tuttora. Successivamente si laurea a pieni voti in Scienze della Formazione Primaria con una tesi sui Pinocchi illustrati da Jacovitti, da cui trae origine il saggio “Tutti i Pinocchi di Jacovitti” (Luglio Editore, 2023). Nel 2023 cura con Aldo Bozzolini per LEF “Sentieri di Futuro (In)seguendo don Milani”, che ricostruisce la vita del priore di Barbiana tramite decine di testimonianze inedite degli ex allievi e arriva fino ai giorni nostri attraverso le parole di alunni, insegnanti ed educatori. Realizza la storia a fumetti “Uncle Scrooge – The Pressed Dollars”, da appunti di sceneggiatura inediti di Carl Barks per l’amico Antonio Costa Barbé (Papersera 2017). Scrive articoli di studio e ricerca su Jacovitti e altri grandi autori di comics su riviste specializzate (“Fumetto”, “Vitt&Dintorni”). Attualmente lavora a un ambizioso progetto jac-collodiano, a studi e storie a fumetti su Laurel & Hardy e importanti personaggi della storia dei comics. È insegnante di Scuola Primaria e Gran Sceicco fondatore di Teste Dure, sezione italiana dell’associazione internazionale I Figli del Deserto, che raccoglie gli estimatori di Laurel & Hardy (Stanlio & Ollio).

Lo abbiamo intervistato per esplorare questa ricerca, la più completa mai fatta sino a oggi sulle versioni, sulle visioni e sulle ossessioni di Jacovitti per il burattino di Collodi.

Quante versioni di Pinocchio ha realizzato Jacovitti? E quando sono state pubblicate la prima volta?

Nel corso della sua carriera, Jacovitti si è occupato svariate volte del burattino collodiano, realizzando tre versioni diverse di illustrazione completa de “Le avventure di Pinocchio”. La prima, in bianco e nero, che è anche il suo esordio come illustratore, è stata disegnata nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, ed è stata pubblicata nel 1945 dalla casa editrice La Scuola di Brescia.
Nel 1944, sempre durante la Seconda guerra mondiale, torna subito in compagnia del burattino e ne completa una versione interamente a fumetti in trentuno tavole di grande formato che “Il Vittorioso”, celeberrimo settimanale cattolico, pubblica a puntate dal dicembre 1946 al luglio 1947.
Il terzo “Jac Pinocchio” (come li chiamava Jacovitti) arriva dopo circa vent’anni, nel 1963, sempre per l’Editrice Ave del “Vittorioso” che lo pubblica l’anno dopo, e conta quasi 200 illustrazioni al testo.
Dei tre Pinocchi di Lisca di Pesce, questo è forse il più celebrato e innovativo, perché Jacovitti vi profonde tutta l’esperienza di decenni di lavoro, avendo cominciato la sua strabiliante carriera nel 1939; è il Pinocchio meno influenzato dagli illustri illustratori precedenti, che presento e confronto coi burattini jacovitteschi.

Le tre versioni sono mai state raccolte in un unico volume?

Sarebbe bello che le tre versioni fossero pubblicate in un unico volume, sul modello di quanto sta facendo Giunti con i fumetti e storie illustrate Disney. Favoleggio da tempo un’edizione critica dei suoi Pinocchi, finalmente presentati come voleva l’autore. Chi vuole acquistare il trittico pinocchiesco di Jacovitti, per adesso si deve accontentare di cercare online o alle fiere di settore le assai numerose edizioni e ristampe delle opere, non sempre fedeli e complete. Il mio libro funge da bussola in tal senso, in quanto descrivo in dettaglio i contenuti di ogni edizione. È emblematico il caso del Pinocchio de La Scuola: l’anno prossimo saranno 80 anni dalla prima uscita e non esiste un’edizione che presenti tutte le immagini realizzate dall’autore.

Se non sbaglio la tua ricerca non si è fermata solo alle tre versioni del Pinocchio?

Nel libro sono raccolti per la prima volta anche tutti gli altri lavori pinocchieschi del maestro termolese, che ha utilizzato Pinocchio a più riprese in svariati contesti, alcuni rimasti inediti. Grazie anche alla collaborazione degli esperti jacovittologi Bellacci e Cadoni, ho scovato svariati inediti totali e moltissimi alla seconda pubblicazione.

L’arte del raccontare: quel legame tra Jacovitti e Pinocchio - Avanti (3)Pinocchio non è stato un lavoro qualsiasi per Jac, quindi, ma il libro che ha formato e forgiato la sua arte di raccontare?

Il libro di Collodi è così importante e formativo per il cartoonist che addirittura, nel 1977, Jacovitti racconta in quattro tavole un’autobiografia legata e scandita dalle sue frequentazioni pinocchiesche. Per questo, in parallelo all’analisi dei suoi Pinocchi, mi è piaciuto raccontare la biografia di Jacovitti, così importante per capirne l’arte, spesso usando le sue stesse parole estrapolate da una pluralità di interviste.

Come è nata la tua passione per Jac e i suoi Pinocchi?

Ho avuto la fortuna di conoscere Jacovitti a sei anni. All’asilo trovai un’edizione del suo terzo Pinocchio e ne rimasi così colpito da sentire la necessità di ridisegnarlo subito, tornato a casa, a memoria sul cartone di una scatola da scarpe: immagine che è finita nel mio libro! Da allora Jacovitti mi ha stimolato a creare il mio mondo col disegno, ed è stato per me e per molti il più importante maestro di fantasia e comicità, nei fumetti e nella vita.
Sempre durante i miei sei anni, l’ortolano dove si serviva mia nonna incartò dei carciofi nel poster del Patentone, allegato del Diario Vitt del 1979. Tornati a casa srotolai l’enorme foglio con l’originale gioco da tavola e mi tuffai nell’irresistibile, colorato, comico mondo di Jacovitti, dove “a pelle” sentivo che le assurdità descritte erano assai reali: per esempio i gestacci che gli automobilisti si facevano dai finestrini erano all’epoca una prassi diffusa.

Ed è stato un incontro formativo?

Frequentare il mondo di Jacovitti, autore libero che ha fatto della comicità una missione, oltre che un’opera d’arte, nel mondo del fumetto e dell’illustrazione, aiuta senz’altro a vivere meglio. Ho profonda riconoscenza per la generosità e arte di questo cartoonist prolifico ma sempre originale, per le ore liete, per le risate che mi ha regalato anche quando, a ben vedere, descrive le bassezze umane (cosa che fa anche Collodi). Io sto ancora sguazzando nel suo pazzo mondo.

E quando hai incontrato il Pinocchio di Collodi?

Sempre da bambino, ho ricevuto in fronte un ulteriore bacio della dea bendata quando in terza elementare la maestra ci ha letto Pinocchio. Negli anni sono tornato a rileggere più e più volte il romanzo collodiano, scoprendo ogni volta quanto sia meravigliosa e vera questa storia. A ogni età Pinocchio ti racconta qualcosa di più e di diverso, ti racconta della vita e di te. Ho sentito impellente il desiderio di approfondire anche le altre opere dello scrittore, così importante per la letteratura e la cultura quanto bistrattato: ormai è raro trovare insegnanti che leggono le Avventure agli alunni, e alla scuola secondaria il patriota e scrittore Lorenzini brilla per la sua assenza. E come si prediligono gli autori più soporiferi.

Ed è per questi motivi che lo hai scelto come argomento della tua tesi di laurea? Tesi che poi è diventata “Tutti i Pinocchi di Jacovitti”, il saggio pubblicato da Luglio Editore, oggetto di questa intervista.

Per questi motivi, e per la constatazione che l’argomento Jac Pinocchi era stato pressoché ignorato dalla critica, ho scelto di scriverne nella mia tesi di laurea, divenuta il ponderoso saggio “Tutti i Pinocchi di Jacovitti” in ulteriori fruttuosi anni di ricerca e documentazione (in totale sedici). Con questo lavoro ho preferito dare spazio alle fonti, ai fatti documentati, anziché ai vari miti e notizie false o fuorvianti che da sempre ruotano intorno alle figure di Collodi, Pinocchio e Jacovitti, e che mi sono diventati insopportabili.

E perché usi il plurale e non Pinocchio al singolare?

“Pinocchi” sottolinea il fatto che Jacovitti ha utilizzato il burattino collodiano in diverse occasioni nell’arco della sua lunga carriera, dalle impegnative opere di illustrazione completa alle utilizzazioni sporadiche a cui si accennava poco fa, ogni volta connotandolo in maniera diversa. Anche questo è significativo della ricerca grafica continua dell’autore, della sua voglia di sperimentare e non adagiarsi sugli allori artistici o di apprezzamento del pubblico.

Come hai affrontato la ricerca del materiale, anche inedito, che non riguarda solo le versioni del Pinocchio ma anche gli omaggi e le citazioni sparse qua e là lungo i 50 anni di carriera di Jac?

Dato che il mio obbiettivo era la completezza, ho girato l’Italia in cerca di materiali rari o totalmente inediti, come il Pinocchio in copertina. È stato esaltante scoprire questi lavori, come studiare gli originali reperiti, con gli appunti d’epoca al margine. E che emozione vedere la libreria di Jacovitti! Sono poi in debito con quanti mi sono stati d’aiuto nelle ricerche, puntualmente citati nei ringraziamenti e tra le altre pagine del saggio. L’aspetto più divertente del mio lavoro è stato rileggere tutta l’opera a fumetti del grande artista, e visionare la maggior parte dei suoi lavori di altro genere. Ciò è stato utile, tra l’altro, per entrare nel suo personale modo di creare, vederne l’evoluzione e cercare di intuirne i processi e le ispirazioni.

E hai trovato molte tracce di Pinocchio?

Il libro collodiano è stato senz’altro una costante durante tutta la carriera di Jac. Il mondo di Pinocchio ritorna nelle storie senza personaggi fissi come pure in quelle di character seriali quali Pippo, Pertica e Palla, Cocco Bill, Tom Ficcanaso, Jak Mandolino, Giuseppe, Occhio di Pollo… Il fumettista aveva conservato per tutta la vita, nella sua libreria, l’edizione illustrata da Attilio Mussino, che è stato un innovativo disegnatore, illustratore e fumettista, e il terzo a illustrare Le avventure di Pinocchio, pubblicate in volume dalla Bemporad di Firenze nel 1911.
L’edizione illustrata da Attilio Mussino non solo è servita a Jac come documentazione nel 1943, ma sicuramente l’ha sfogliata spesso nei momenti di pausa in cerca di un’idea per ripartire col lavoro.

Il lavoro di Collodi, quindi, è stato una sorta di marcia in più, di carburante di riserva per Jac?

Jacovitti racconta più volte il suo peculiare metodo creativo: disegnava direttamente in bella, a china, senza fare prima le matite e senza sceneggiatura, seguendo al massimo alcuni appunti. Quindi poteva incappare in momenti di stallo, in cui gironzolava per lo studio, sfogliava un libro, magari sgranocchiando un biscotto; è allora che Collodi suggeriva a Jac la ripartenza. Non è facile trovare le fonti d’ispirazione di Jacovitti, che pure aveva un grande bagaglio culturale, soprattutto autocostruitosi con letture e film di ogni genere. E non è facile perché questi sapeva sempre rielaborarle in toto in maniera personale e originale; così la critica ha spesso avvalorato l’idea che la complessa e immensa produzione di Lisca di Pesce gli sgorgasse spontaneamente dal cervello, senza bisogno di documentarsi. Per quanto il risultato sia di immediata recezione, ogni bravo autore costruisce meticolosamente la propria spontaneità.

Il tuo lungo lavoro di ricerca è diventato un libro. Sei contento del risultato finale?

Sono particolarmente soddisfatto dell’edizione del libro. Nelle quasi 600 pagine, l’editore ha valorizzato le quasi 900 immagini che affiancano il testo, comprensivo di molte testimonianze inedite di prima mano che ho raccolto: dalla figlia Silvia Jacovitti, presente durante la realizzazione del terzo Jac Pinocchio, a Luca Salvagno, ultimo colorista di Jac e prosecutore di Cocco Bill, a Domenico Volpi, redattore capo del Vittorioso, e molti altri ancora.

Se non sbaglio il rapporto con la figlia di Jac è durato ben oltre le ricerche per il saggio?

Silvia, sempre incoraggiante con me, è diventata una mia cara amica e questo è sicuramente uno dei più bei risultati che mi ha dato il lungo lavoro al saggio, oltre all’entusiasmo con cui è stato accolto dai lettori e dal pubblico alle varie presentazioni che sto facendo lungo la Penisola.

Cosa ne pensi delle due mostre di Roma e di Termoli? Sono definitive, o ci saranno altre occasioni per raccontare Jacovitti e i suoi personaggi?

Le mostre di Termoli e Roma sono entrambe importanti perché molto ricche, articolate e curate da persone competenti. Ma a proposito dello sterminato Jacovitti, nulla è definitivo. Nelle parole del curatore Dino Aloi, che ho avuto l’onore di avere al mio fianco durante un paio di presentazioni del mio libro, è impossibile riassumere tutta la lunga e variegata carriera di Jacovitti in una mostra, per quanto grande come quella del MAXXI. Quindi sì, ci saranno sicuramente ulteriori occasioni per presentare Jacovitti al grande pubblico. Auspico che le mostre su di lui continuino a circolare con sempre maggiore frequenza, perché durante tali allestimenti ho toccato con mano quanto il suo pubblico sia numeroso, trasversale e incantato dalla sua arte. Pochi anni fa, durante la mostra di Bologna “Jacovitti il teatrino perpetuo”, a cura di BilBolBul, grazie alla gentilezza dei ragazzi dell’organizzazione, un pomeriggio mi sono affiancato alle preparate guide autorizzate e, a dispetto dei miei timori di annoiare il pubblico, decine di visitatori mi ascoltavano attentissime e mi sommergevano di domande. Vi erano ragazzi, studenti del DAMS, famiglie e persone che magari avevano conosciuto Jacovitti solo per il Diario Vitt, o nemmeno per quello, ma che desideravano saperne di più.

Quindi, possiamo ipotizzare per Jac Lisca di Pesce un futuro roseo tra vecchi e sempre nuovi fan piuttosto che un grigio dimenticatoio?

Io sogno e mi auguro che nell’immediato futuro si costituisca una rete in grado di raccogliere e archiviare tutto il materiale disperso di Jacovitti (penso a tutti gli originali che lui generosamente regalava), accanto a quello noto che per fortuna è la maggioranza, e che si pubblichi un’opera veramente omnia dell’amato Lisca di Pesce, vero cantore sui generis della nostra Penisola. Il successo dell’antologia in 81 volumi pubblicata di recente da Hachette dovrebbe invogliare un intelligente editore a sforzarsi di lavorare in tal senso, anziché appiattirsi su pubblicazioni usa e getta. Se le opere di Jacovitti circolano, possono essere conosciute e apprezzate anche da chi a oggi le ignora, no?

E tu non smetterai mai di dare il tuo contributo?

Nel mio piccolo, per le riviste di settore, cerco di fare articoli (tipo la serie “Ufficio salami smarriti” per Vitt&Dintorni) e raccogliere materiali e testimonianze di chi ha conosciuto Jacovitti per perpetuarne la memoria e lo studio obbiettivo dei suoi lavori. I personaggi di Lisca di Pesce sono stati più volte protagonisti dei miei laboratori di fumetto extrascolastici, l’ultimo concluso quest’anno nel giorno esatto del suo centesimo anniversario. E presento sempre Jac ai miei alunni, che ne rimangono ogni volta coinvolti e divertiti. Abbiamo bisogno di Jacovitti, abbiamo bisogno del suo personale immaginario da affiancare a quelli più pervasivi e omologanti dei nostri tempi.

L’arte del raccontare: quel legame tra Jacovitti e Pinocchio - Avanti (4)

Antonio Salvatore Sassu

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L’arte del raccontare: quel legame tra Jacovitti e Pinocchio - Avanti (2024)

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Name: Merrill Bechtelar CPA

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Job: Legacy Representative

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Introduction: My name is Merrill Bechtelar CPA, I am a clean, agreeable, glorious, magnificent, witty, enchanting, comfortable person who loves writing and wants to share my knowledge and understanding with you.